lunedì 23 novembre 2020

Dialoghi interiori #3

 


- Poi, anche per non pensare a te, mi sono concentrato sugli studi, riuscendo, anche grazie alla mia famiglia ed a fantastici amici incontrati nel percorso universitario, a laurearmi con il massimo dei voti. Se non ci fossi stata tu sarebbe stato più facile, ti assicuro.

- Hai ragione, ma sarebbe stata una laurea come tutte le altre, invece la tua è stata speciale perché ci sei riuscito nonostante la mia presenza nella tua vita.

- Non posso aggiungere altro, mi hai stoppato colpendo nel segno; come sempre...

- Se non ricordo male qualcuno ti ha fatto pesare la mia presenza nella tua vita...

- Eh sì, ricordi bene, delle persone mi hanno fatto sentire l'averti nella mia vita come una colpa. All'inizio è stata una pugnalata al cuore, ma poi mi sono detto che la malattia non è mai una colpa; successivamente ho riflettuto sul fatto che se non avessi avuto te nella mia vita sarei un altro Stefano, con altri interessi, altre prospettive, forse un altro carattere. Poi mi sono totalmente rasserenato pensando che io sono questo perché ho la malattia. Stefano esiste così com'è. No ne potrebbero esistere altri...

mercoledì 18 novembre 2020

Dialoghi interiori #2

 


- Però per accettarmi ce n'è voluta di strada..?

- Eh sì, hai ragione Distrofia, ma mettiti nei miei panni: un bambino che andava crescendo con questo macigno sulle spalle, con queste incertezze sul suo destino; anche per me non è stato facile...

- Ti capisco caro, ma se tu mi avessi accettato prima sarebbe stato meglio per te, avresti sofferto meno.

- Questo è un po' vero, ma nonostante io per tanti anni non ti abbia accettato la mia adolescenza è stata abbastanza felice. Di questo però devo essere grato ai fantastici compagni di scuola che ho avuto, grazie a loro non mi sono mai sentito diverso... pensavano a tutto loro, non finirò mai di ringraziarli.

- Questo è vero però quando sei caduto mentre andavi a prendere la prima comunione potevi accettarmi, sarebbe stato meglio credimi. Invece no, cocciuto come sei non ci riuscivi... 

- Lo so, a volte non fare una passeggiata per non mettermi in carrozzina è stato dolorosissimo. Poi comunque l'accettazione è arrivata: quando dovevo suonare per il matrimonio di mia cugina e non potei farlo capii che era inutile far finta di niente. C'eri è dovevo prenderne atto.

mercoledì 11 novembre 2020

Dialoghi interiori #1

 


- Carissima, ricordi quando ci siamo incontrati?
- Certo che me lo ricordo: quando ci siamo incontrati tu cominciavi a camminare sulle punte dei piedi e ogni tanto cascavi giù per terra...
- Sì, allora le maestre d'asilo si accorsero che non camminavo come gli altri bambini; i miei, ad onor del vero, si accorsero già da prima che qualcosa non andava ma anche rassicurati da mio padrino, il compianto dottore Sparacio, che diceva, forse soltanto per rassicurarli, che avevo soltanto i piedi piatti come suo figlio, lì per lì non diedero tanto peso a quelle frequenti cadute...
- Anche io mi ricordo, anche secondo me il dottore Sparacio aveva capito... comunque poi a San Giovanni Rotondo arrivò la conferma che ero arrivata...
- Quella volta che mi rovinasti la gita...
- Lo so, mi è dispiaciuto tanto darti quel malore ma avevo capito che era il momento adatto, e così è stato; quella corsa verso "Casa Sollievo Della Sofferenza" era l'unico modo che avevo per farmi riconoscere. Quel dottore vedendoti camminare subito capì, ordinò quegli esami del sangue solo per la conferma, conferma che infatti arrivò quando a Palermo li avete fatti.
- Cara è andata proprio così. Però per il responso definitivo ci volle la "Biopsia" al Policlinico di Messina: la rimozione di un piccolo fascio muscolare dalla gamba in anestesia locale che sentivo tutto, non immagini il dolore...
- Non me lo immagino, lo so, c'ero anche io con te, ti ricordo: ti mando a al "Cannizzaro" di Catania quella "brava" persona, si fa per dire, del "professorone" La Grutta, quello che per "incoraggiare" secondo lui, tua madre, le disse se aveva un altro figlio, come se tu già eri da gettare nella spazzatura...
- Guarda non me ne parlare, ancora io e mia madre, nonostante siano passati 28 anni, ancora dobbiamo riprenderci da quella pugnalata...

sabato 16 maggio 2020

Ezio Bosso

Carissimi amici, ieri ci ha lasciati il Maestro Ezio Bosso, colui che ci ha insegnato come la disabilità sia soltanto negli occhi di guarda, che il disabile possa vivere, sognare, amare tutto ciò che lo circonda in modo sublime.
Già lui con la sua musica volava, ma la disabilità lo trasformò in aquila per riuscire a guardare negli occhi il sole, il suo sole: la musica. Il maestro era della musica, nella musica e per la musica; viveva per lei... come cantavano Giorgia e Bocelli: "...Attraverso un pianoforte, la morte è lontana, io vivo per lei..." Sì! Nella musica il maestro aveva trovato il senso profondo della sua vita, in essa riusciva a vedere Dio, il creato, il sogno, l'amore... «La musica è come la vita, si può fare in un solo modo: insieme» sosteneva.
Riguardo la disabilità, a Sanremo disse:  «Sono un uomo con una disabilità evidente in mezzo a tanti uomini con disabilità che non si vedono». Ed ancora: «Ho smesso di domandarmi perché. Ogni problema è un'opportunità». Oltre alle sue straordinarie composizioni ci ha lasciato questi preziosi insegnamenti.
Caro Mestro, ci mancherà davvero tanto, grazie per essere passato da noi per a noi donarsi... le vogliamo e per sempre lo vorremmo un gran bene, non la dimenticheremo mai.

giovedì 23 aprile 2020

Indifferenza

Il coronavirus in poco più di due mesi ha distrutto tutte le nostre certezze, i nostri progetti a breve ed a lungo termine saltati in un baleno. Ma la cosa più importante che ci ha tolto è stata la possibilità di stare in compagnia dei parenti, degli amici, relazioni indispensabili per l'uomo, creatura legata indissolubilmente alla società in cui vive. Mancandoci questi rapporti, almeno per me è stato così, abbiamo capito meglio la loro importanza, ci mancano tanto: manca un abbraccio, una stretta di mano, il semplice fare due chiacchiere guardandosi negli occhi, un sorriso...
Questo stato, come capirete, ci rende simili a tutte quelle persone che quando il virus non c'era nessuno pensava, quelli che soffrivano la solitudine: gli anziani e i disabili che vivevano da soli,  quelli nelle case di riposo che nessuno andava a trovare, i poveri abbandonati a sé stessi e tutti i soli della nostra società. Di queste persone, dato che stiamo vivendo il loro stato, spero ci ricorderemo passata l'emergenza. Spero riusciremo a trovare il tempo di andarli a trovare, anteponendo loro ai nostri affari, ai nostri spesso sciocchi problemi; adesso non abbiamo davvero più scuse.
Se vogliamo imparare qualcosa da questa tragedia sono questi gli spunti su cui riflettere, spero che il covid riesca a sconfiggere l'altro virus che in questi tempi stava uccidendo la nostra società: quello che papa Francesco a definito globalizzazione dell'indifferenza.
 
     

giovedì 7 febbraio 2019

Riflessioni

Come ho scritto due giorni fa nella mia storia facebook: "la malattia non distrugge, trasforma: migliora." A dire il vero, nel mio caso la malattia qualcosa distrugge ovvero i muscoli ma certamente non me: il mio animo, il mio intelletto, il mio essere uomo... anzi il mio sviluppo umano sembra crescere in modo inversamente proporzionale rispetto a i miei cali fisici; ad ogni inciampo mi rialzo pensando cosa creare l'indomani.
Naturalmente non è stato sempre così, all'inizio non accettavo neanche la carrozzina: non riuscivo ad accettare l'idea di sedermi su quella cosa, e così il ventilatore e tutto il resto... Però, arrivata l'accettazione sono esploso, cominciando a creare, storie, approfondimenti
, interviste e un miliardo di altre cose. Lì avevo dentro da sempre, ma soltanto quando mi sono accettato ho cominciato a tirarli fuori. Certamente il fatto di sentirvi vicino fin da subito mi ha spinto a proseguire. Non vivrò un giorno in più di quanto previsto, ma avrò vissuto una vita vera, vissuta a pieni polmoni; con la sua bellezza e l'amore che può donarti una vita intensa, naturalmente senza escludere le delusioni, le angosce e le ansie che può portare; ma è vita anche questa...
Mi fa stare un po' male il fatto che alcuni disabili non riescano ad esprimere il genio che hanno dentro, tutti l'abbiamo ma spesso non riusciamo a trovare il modo di tirarlo fuori. 
C'è soltanto un modo per rimanere a galla: amare! prima se stessi - come consigliato dalle scritture, "Ama il prossimo tuo come te stesso" quindi ama prima te - e quindi gli altri.
Trovate il coraggio d'amare e di lasciarvi amare! 

lunedì 19 novembre 2018

Mi Vida

Cari amici, oggi propongo un approfondimento sulla mia, fin qui abbastanza interessante, vita; soffermandomi particolarmente sui problemi che ho avuto a causa delle numerose barriere architettoniche incontrate.



Ho scoperto di essere disabile quando non ho più potuto suonare il pianoforte.
Ma cominciamo dall'inizio. Fin da quando ero bambino, ho sempre avuto la passione per il corpo dei Bersaglieri perché mio nonno, che non ho conosciuto, faceva parte di tale corpo. Mia nonna, di conseguenza, ogni qualvolta comparivano i Bersaglieri in televisione mi telefonava: «Sté, ci sono i Bersaglieri in tv — diceva — mettilo sul primo!» Di solito li trasmetteva RAI 1.
Il collegamento Bersaglieri-Musica fu immediato: a sette anni cominciai a prendere lezioni di solfeggio, e dopo aver distrutto una ventina di trombe "Bontempi", ne comprai una vera. Decisi quindi di prendere qualche lezione. Ma durò poco, perché non riuscii più a tenerla in mano e cominciai ad avere anche problemi a camminare. Ma non mi arresi, ed iniziai a studiare il pianoforte.
I miei genitori cominciarono a chiedere la realizzazione di un ascensore a scuola, perché le elementari a Belmonte sono al primo e al secondo piano.
Per salire al piano mi metteva in braccio mio padre, o un bidello che si chiamava e si chiama Giacomino. Finalmente l'ascensore l'istallarono, peccato che andavo già alle medie.
Naturalmente scelsi il corso musicale, che mi permise di studiare seriamente il pianoforte, e di girare un po' la Sicilia, in quanto la classe partecipava a molti concorsi musicali.
C'erano soltanto due "piccoli" problemi: due ascensori guasti, e la palestra costruita separata dalla scuola con due "belle" rampe di scale. Un ascensore prima della licenza è stato riparato, mentre per la palestra ci accordammo con Tanino, un bidello della scuola, che mi metteva nella sua auto per "bypassare" la prima rampa; per la seconda sollevavano la sedia lui e la professoressa di educazione fisica.
A scuola mi accompagnava, quando mio padre non poteva, l’amico di famiglia Stefano Asciutto (abito a secondo piano, e a quei tempi non avevamo l'ascensore).
Fu il periodo in cui suonavo meglio. Infatti, in terza media, al saggio di fine anno riuscii a suonare un concerto di piano e clarinetto con Giuseppe, un mio compagno di scuola.
Per le superiori scelsi l'I.T.C.G. Duca degli Abruzzi di Palermo: mi stimolava lo studio del diritto, anche perché cominciavo ad interessarmi di politica.
La scuola iniziò il 19 settembre 2000. Come al solito, trovai qualche problema: 5 gradini da salire per entrare a scuola, e 4 da scendere per accedere alla palestra; però l'ascensore c'era. Mi lasciava mio padre, dopo che in braccio a lui superavo i gradini.
Quell'anno si dovevano sposare due mie cugine e decisi di suonare loro l'Ave Maria. Durante il primo matrimonio, mentre ero seduto all'organo cominciai ad avvertire mal di schiena. Riuscii a suonare, ma capii che sarebbe stata l'ultima volta. E cosi fu: infatti l'altra cerimonia la seguii dal terzo banco della Chiesa.
All'inizio del terzo anno di scuola, trovai due piacevoli sorprese: erano stati costruiti la rampa di accesso e uno scivolo per entrare in palestra.
A scuola non mi accompagnava più mio padre, ma un'associazione di volontariato; il mio autista, Sergio, era appassionato di musica dance anni '70 —'80, che ascoltava tutti i giorni. Il pezzo forte era il brano dei "The Trammps - Disco Inferno" di cui si vantava di avere la versione originale che durava ben 15 minuti. Come canzone non mi dispiaceva, ma un quarto d'ora di: "burn baby burn disco inferno, burn baby burn", era un po' pesante, nonostante questo, la dance anni ’70 è diventata uno dei generi musicali preferiti.
I miei compagni di scuola erano fantastici. Mi aiutavano in tutto quello di cui avevo bisogno, e c'era sempre un bidello, il caro signor La Rosa, che mi aiutava a scendere dalla macchina e mi accompagnava al bagno.
Quando andavo al quarto anno mio fratello si scrisse nella mia stessa scuola, e cominciò a collaborare con il La Rosa nella cura di me.
Nel 2005 dopo il diploma decisi di iscrivermi alla facoltà di scienze politiche, perché mi ero appassionato ancor di più ai temi politici.
In facoltà trovai ancora una volta qualche problema con le barriere architettoniche: le lezioni si svolgevano a secondo piano, l'ascensore c'era ma l'accesso era complicato, in quanto intorno al vano ascensore si stava costruendo la biblioteca. Per accedere al piano, con Davide (il mio assistente storico) aprivamo la saracinesca, salutavamo i muratori, e una volta al piano attraversavamo una passerella molto pericolosa.
Il primo anno superai tre esami. Dopo di questi contrastai con qualche problema di salute che mi costrinse a fermarmi sei mesi. Quando ripresi gli studi trovai la biblioteca completata, un'aula multimediale attrezzata e nuovi ambienti per gli studenti.
La ripresa degli studi fu un po' lenta. Sostenevo non più di tre materie l'anno, fino a quando, nel settembre 2013, mi accorsi che mi mancavano ancora sette materie. Decisi dunque che era il momento di dare un'accelerata: a dicembre superai lo scoglio dell'economia politica e nell'anno successivo completai il piano di studi. L'importante risultato della laurea è arrivato il 20 marzo 2015.
Durante la stesura della tesi, intuii le mie doti narrative. Per sviluppare tali doti, però, dovevo superare un ostacolo apparentemente insormontabile: l’insorta impossibilità – in seguito al normale decorso della patologia – dell’uso degli arti superiori. La svolta arrivò con la scoperta, da parte di mio fratello, di un software che trasforma la normale webcam del PC in un puntatore ottico. Inutile dire che per me si aprirono orizzonti inesplorati.
Oggi – nonostante la mia assai invalidante malattia, che mi costringe in sedia a rotelle con un respiratore in ventilazione forzata quasi tutto il giorno – sto riuscendo a sviluppare pienamente le mie doti narrative, infatti ho già scritto 13 racconti. I temi che stimolano maggiormente la mia creatività sono: amore-disabilità; emigrazione e l’indissolubile legame che lega genitori e figli.
Le mie storie sono state pubblicate in tre raccolte di racconti: “Ti racconto” (2016); “Amore senza fine” (2017) e “Riflessi” (2018).
Oltre a questo, ho creato e gestisco due blog: uno su storia – altra mia grande passione – e problematiche di Sicilia ed un altro sulle tematiche della disabilità; accompagnati da tre pagine ed un gruppo facebook. Amo definirmi disabilblogger perché credo che la mia disabilità non sia stata ostacolo ma motore per la realizzazione e la cura del mio blog.
Nello svolgimento delle mie attività sono continuamente spronato da un gruppo di fidati amici.